martedì 28 giugno 2011

Un'Iliade in rima


La nostra storia iniziò
Quando Peleo di invitar Eris si scordò
Per assister al suo banchetto nuziale,
Sapeva infatti che era la dea  del male.
Era famosa per metter discordia
E di nessuno aveva misericordia.
Eris offesa al pranzo si presentò
E la sua ira lei  scatenò.
Sul tavolo una mela d’oro lanciò
“Alla più bella” proclamò.
Per questo subito scoppiò una lite
Tra le ospiti più gradite:
Afrodite, dea della bellezza,
Atena, dea della saggezza
Ed Era sposa ingannata
Che voleva essere amata.
L’ infedele Zeus allora decretò:
La parola al più affascinante andò.
Era Paride, il bel principe troiano
Figlio di Priamo, che di Ilio era il sovrano.
Le tre dee di corromperlo cercarono,
Con una proposta lo allettarono:
Era gli offrì la potenza e la ricchezza,
Atena l’eterna sapienza e saggezza,
Afrodite una sposa dall’immensa bellezza.
Paride il terzo dono accettò
E alla dea il pomo donò.
Era Elena, del greco re Menelao, la sposa
Ed era splendida come una rosa.
Paride ed Elena si innamorarono
Ed insieme di nascosto scapparono.
Il re Menelao era infuriato
E tutti i re della Grecia aveva radunato.
Iniziò così la sanguinosa guerra,
Che per dieci anni devastò di Troia la terra.


Dopo nove anni di aspri combattimenti
I due popoli erano agli sfinimenti.
I Greci sulla spiaggia vicino alle navi si erano accampati,
Mentre i Troiani nelle mura della città si erano ritirati.
Crise, sacerdote troiano,
Che di Criseide era il padre anziano,
Ad Agamennone si prostrò
E la libertà per la figlia schiava implorò:
Oro e argento per il riscatto gli offrì
Ma Agamennone infuriato si inasprì.
Gli altri re greci non ascoltò,
Ma al contrario il sacerdote cacciò
E Crise insultato si allontanò.
Addolorato, il sacerdote ad Apollo si rivolse
E il dio le sue preghiere accolse.
Con le sue frecce una pestilenza scatenò
E il popolo greco assai si disperò:
Per nove giorni uomini e animali morirono
E gli Achei davanti alla collera divina si intimorirono.
Il decimo giorno con a capo Achille si radunarono
E da un indovino si presentarono
Per conoscere la verità
Su tutte quelle avversità.
Calcante rivelò: “Agamennone è  il colpevole,
ha trattato Crise in modo spregevole:
Il dio Apollo si è infuriato
E la sua ira ha  scatenato.
Criseide al padre va restituita
E la collera divina sarà finita!”.
Agamennone a casa rimandò Criseide
Ma in cambio pretese Briseide,
Che era di Achille la schiava adorata
E non l’avrebbe mai abbandonata.
Tra Achille e Agamennone scoppiò una lite
A causa delle schiave più gradite.
“Avido ed egoista” Achille lo accusò,
Ma Agamennone non si ritirò:
Riuscì ad ottenere ciò che chiedeva,
Ed Achille ucciderlo voleva.
La dea Atena lo trattenne
E Achille fece un giuramento solenne:
Non sarebbe andato in combattimento
E sulla spiaggia portò il suo tormento.
La madre Teti aveva invocato
E con lei si era sfogato.
Una breve ma eroica vita lo aspettava
Ma il giuramento la gloria gli negava
Alla guerra non avrebbe partecipato
E nessuno lo avrebbe ricordato.
Teti nell’Olimpo andò
E il dio Zeus scongiurò:
“Che la battaglia vincano i Troiani
Affinché i Greci col cuore tra le mani
Supplichino  Achille, il più valoroso,
Perché senza di lui lo scontro è doloroso”.
Le battaglie furono tante,
Ma nessuna determinante.
Si fronteggiarono i più valenti,
Ma i Troiani erano sempre i vincenti:
Alle navi greche arrivarono
E, guidati da Ettore, il fuoco vi appiccarono.
A Troia Ettore era l’eroe più amato,
E di Priamo il figlio adorato
Non amava la guerra, ma per salvare la città
Per lui era una necessità.
Non cercava la gloria,
Ma combatteva per la vittoria,
Per la difesa della sua gente
Che amava come ogni  parente.
Il fuoco le navi aveva incendiato
E Patroclo dall’amico Achille si era recato
Delle sue armi lo spogliò
E lui stesso le indossò:
I Troiani voleva affrontare
Per poterli terrorizzare.
Rivestito da un’armatura splendente
Terrorizzò di Troia la gente
Che, credendo fosse Achille,
Corse verso le mura a mille.
Ettore però paura non dimostrò
E con coraggio in un duello lo affrontò.
Patroclo fu ucciso da  Ettore, il vincente,
Che lo privò della sua armatura lucente.
Alla morte dell’amico Achille si disperò
E di tornare a combattere egli giurò.
La madre Teti chiese al dio Efesto
Tutto ciò che il figlio aveva richiesto:
Nuove armi voleva indossare
Per poter di nuovo guerreggiare.
Nella mura cittadine i Troiani si riparavano
Mentre Ettore e Achille all’esterno si sfidavano:
Una spada Achille nel petto di Ettore infilzò
E dopo il suo corpo con un carro trascinò.
Di Priamo Achille ebbe molta pietà
Quando egli gli si presentò con dignità
La salma del figlio chiese di riavere
E per Achille fu un vero dovere:
All’anziano padre Peleo pensò
E la salma intenerito gli consegnò.
La nostra storia si concluse tragicamente
Con un funerale assai commovente.



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