mercoledì 13 luglio 2011

La mia aula

Secondo piano, quarta porta da sinistra: qui alloggia la prima A. L’aula si distingue per la continua “caciara” che si sente in ogni momento della giornata: “Bum, bum”, alcuni studenti che cadono in continuazione dopo essersi un po’ dondolati con la sedia, “Bla, bla, bla”, le chiacchiere di tutta la classe, “etciù”, Luciano che starnuta e poi strepita chiedendo un fazzoletto per paura che il muco gli vada alla gola, “sssssshhhhh”, i professori che tentano di farci stare zitti, ma che poi ricorrono al loro metodo infallibile, la nota. Durante le lezioni l’aula ha un sapore amarognolo, aspro, ma, al suono della campanella si respira aria di libertà, di gioia; il dolce profumo delle cioccolate calde e dei cappuccini è il meritato premio dopo tante ore di noia e di sofferenza ! L’aula non è la più spaziosa, ma è di certo la più accogliente di tutta la scuola. Le quattro grandi finestrone della parete frontale non sono le responsabili dell’ illuminazione, dal momento che sono coperte da cartelloni, ma il merito è delle luci a neon appese al soffitto. Quest’ultimo è sporco e impiastricciato: dei ragazzini che hanno “vissuto” nell’aula prima di noi si sono divertiti a lanciare al soffitto degli stomachevoli mostriciattoli gommosi che, ancora oggi, sono appiccicati lì, danno l’impressione di poter cadere da un momento all’altro in testa a qualcuno. Le pareti hanno gli angoli sbeccati e alcune parti di cartongesso sono cadute e lasciano intravedere il cemento. Non si può neanche dire che siano pulitissime: in pratica dovrebbero essere verniciate di bianco, ma, con il passare del tempo, la pittura è diventata grigiastra; in più sono zeppe di scritte e graffiti: qualche bambino degli anni passati deve aver annotato degli appunti per un compito in classe, per giunta sbagliati. Ma l’aula non presenta solo difetti, è molto colorata e simpatica, davvero invidiabile: cartelloni realizzati da noi e da altri abbelliscono le pareti. È un’aula tecnologica, poiché è dotata di una lavagna multimediale. La LIM ha tanti vantaggi: le lezioni sono molto più divertenti del classico metodo di leggere i libri, a volte navighiamo su Internet per progetti scolastici, possiamo persino usare i libri virtuali e svolgere esercizi divertendoci al computer. Nella stanza, però, oltre alla lavagna multimediale ce ne sono altre due: la classica lavagna con il gesso - ogni volta che uno deve scrivere il gesso non si trova mai - e la lavagna con il cancellino a calamita, che spesso alla ricreazione alcuni maschi si divertono a lanciare come nel tiro al bersaglio. I banchi sono scheggiati e lasciano scorgere la segatura mescolata a una misteriosa sostanza molliccia. Come le sedie, sono intagliati, e “decorati” da scritte fatte con il bianchetto e con le penne. Ma la caratteristica che distingue i nostri banchi da quelli delle altre aule sono le collezioni di gomme masticate che vi sono state attaccate sotto; solo a guardarle viene il voltastomaco, quando si toccano si ha una sensazione viscida, disgustosa, come la pelle di una rana. Anche se i banchi sono già combinati in questo modo, devo ammettere che anche noi gli diamo una mano: i ripiani sono sempre carichi di libri, quaderni e astucci che sporgono all’infuori e spesso cadono. Li abbiamo disposti in lunghe file, in modo da facilitare le chiacchiere e la complicità. Ma, a causa di questa disposizione, è molto difficile passare, tanto ché ogni volta bisogna fare “sposta di qua, sposta di là”. Proprio vicino al mio banco c’è un piccolo armadietto dove trovano continuamente posto cose differenti: blocchi da disegno già usati pieni zeppi di scarabocchi e disegni, cartelloni con personaggi dei fumetti e altri non ancora usati, matite, penne, temperini e gomme che uno pensava di aver perso, e invece lì ritrovi lì con grande stupore pensando: “Ma come sarà finito qui ?”.

 Dolci e aspri ricordi legati a questa stanza mi fanno scrivere di non volermi trasferire in un’altra aula.


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