sabato 30 luglio 2011

Le avventure di Bibobao


Dovete sapere cari bambini, che moltissimi anni fa, in un luogo sperduto e nascosto della Terra, vivevano, e tutt’ora vivono, i Baoblù, una tribù di creature dalle sembianze umane ma con caratteristiche molto particolari. Ad esempio, come si può intuire dal nome, la loro pelle era blu, ma avevano il potere di cambiare colore in modo da mimetizzarsi come dei camaleonti; sapevano parlare tutte le lingue del mondo e arrivare in qualsiasi parte della Terra soltanto chiudendo gli occhi. Questo terzo potere era veramente il più sorprendente di tutti, perché i Baoblù abitavano davvero molto, molto lontano, dove nessuno avrebbe mai pensato potesse esistere forma di vita: in un mondo parallelo, dove vivevano i popoli Bao. Per raggiungere la tribù si doveva attraversare il mare dei Baoazzurri, fino a raggiungere il Centro della Terra, dove abitavano i Baorossi. Occorreva, poi, creare un mulinello di fuoco, recitando una formula che solo i Baoblù conoscevano, e attraversarlo. I popoli Bao vivevano indisturbati e sereni senza essere a conoscenza dell’esistenza di altre civiltà. Non erano interessati a sapere se ci fossero altri Mondi sconosciuti, tranne ad uno, il più minuto ed esile dei Baoblù, ma anche il più forte e coraggioso: Bibobao. Era l’unico che avesse voglia di scoprire che cosa ci fosse al di là del suo villaggio e quali fossero le altre genti, oltre ai popoli Bao, che popolassero la Terra. Secondo un’antica legge, nessuno poteva lasciare la propria tribù e vivere da solo, né si poteva decidere di non appartenere più al popolo Bao, perché ognuno di loro aveva talenti e caratteristiche differenti, ad esempio i Baoblù, la tribù dell’aria, avevano il compito di spazzare via le nubi dal cielo, in modo da far tornare sempre il sereno; i Baoazzurri, la tribù dell’acqua, dalla pelle azzurra, avevano il compito di soccorrere i pesci feriti e scatenare piogge abbondanti, in modo da favorire la fertilità dei terreni; i Baoverdi, la tribù della terra, dalla pelle verde, avevano il dovere di trasformare il campo più incolto e abbandonato in un orto con frutti succosi e verdure genuine, e il più insignificante pezzo di terra, in uno splendido giardino con le varietà più rare di fiori e piante; i Baorossi, la tribù del fuoco, dalla pelle rossa, avevano il compito di mantenere costante la temperatura della Terra.  L’unico modo per poter andarsene era fuggire di nascosto, senza essere scoperti, altrimenti sarebbero stati guai seri per il nostro protagonista. Così, in una notte buia e tempestosa, fornitosi di cibo e acqua, Bibobao chiuse gli occhi e desiderò di trovarsi nel luogo più lontano dal suo villaggio. Si ritrovò in mezzo a un deserto, dove viveva il popolo dei Baomarroni. Ora, dovete sapere che tra le tribù Bao non correva buon sangue, così, quando il Capobaomarrone, vide un altro Bao straniero nel suo territorio minacciò di confessare tutto ai Baoblù, a meno che… “ Ta davraa canvancaara a Baaazzarra a far paavara anca da naa!”. Avete indovinato, i Baomarroni avevano l’abitudine di usare, come unica vocale la lettera “A”; in poche parole il nostro protagonista avrebbe dovuto convincere i Baoazzurri a far piovere anche nelle terre dei Baomarroni. Bibobao si incamminò verso il mare dei Baoazzurri convinto che avrebbero rifiutato e che per lui sarebbero stati guai seri; ma… “ Ve bene, me e pette che te chenvenche e Beeresse e rescheldere le nestre ecque sempre gelede!” Questa volta Bibobao avrebbe dovuto convincere i Baorossi a riscaldare le acque dei Baoazzurri, che, come avrete capito, usavano invece la lettera “E”. Si avviò, allora, verso il Centro della Terra. Anche i Baorossi posero una condizione: “Ti Divrii chinvinciri i Biivirdi i chiltiviri i nistri tirrini inchilti!” Adesso avrebbe dovuto convincere i Baoverdi a coltivare i terreni dei Baorossi, che come vedete, utilizzavano la lettera “I”. Allora intraprese la strada verso il popolo dei Baoverdi. Immancabilmente anche loro avevano una condizione da porre a Bibobao: “O potto co to spozzo voo lo nobo dol ciolo : so sto proporondo ono tomposto do grondono co rovonorò lo frotto oppono motoro o soccoso!”. I Baoverdi volevano che Bibobao spazzasse via le nubi dal cielo, poiché si stava preparando una tempesta di grandine che avrebbe distrutto la frutta appena matura. E allora l’omino spazzò via le nubi dal cielo dei Baoverdi, che coltivarono i terreni dei Baorossi, che riscaldarono l’acqua dei Baoazzurri, che fecero piovere nel deserto dei Baomarroni, che non raccontarono nulla ai Baoblù. Bibobao chiese allora ai Baomarroni di poter proseguire il suo cammino, il Capobaomarrone domandò all’omino dove andasse ed egli rispose: “Voglio scoprire quali altri popoli, oltre alle tribù Bao popolano la Terra!” . Allora la tribù del deserto fece un’ultima richiesta: chiesero a Bibobao di riportare loro un qualcosa che li avrebbe trasportati senza nessuno sforzo alla fonte d’acqua più vicina, in modo da non camminare più tutte le mattine per chilometri. L’omino sorrise e proseguì il suo cammino. Passò a salutare la tribù dei Baoazzurri e, anche essi chiesero un ultimo favore: un oggetto che potesse arrivare direttamente alle nuvole, in modo da evitarsi la fatica di sgonfiare personalmente le nubi con un ago ogni volta che occorreva un po’ di pioggia. L’omino sorrise e continuò il suo cammino. Passò a salutare la tribù dei Baorossi, che, inevitabilmente, fecero a Bibobao un’ultima richiesta: avrebbe dovuto portar loro qualcosa che gli avrebbe permesso di non riscaldare di persona la Terra, soprattutto d’Inverno, quando era molto freddo ed era quasi impossibile riscaldare il pianeta solo con il loro alito di fuoco. Bibobao sorrise ancora una volta e riprese il suo cammino. Si fermò poi a salutare la tribù dei Baoverdi. Anche questi, naturalmente, chiesero al nostro protagonista un ultimo favore. Il re di Molto Molto Lontano aveva chiesto alla tribù un giardino con varietà di fiori mai viste, che avrebbe sbalordito tutti: il popolo Baoverde chiese allora il fiore più spettacolare che nessuno avesse mai visto. Continuò a camminare, stanco e affamato, senza una meta, ma con la convinzione che prima o poi avrebbe incontrato una nuova civiltà. Quando vide un bell’albero ombroso decise di sdraiarsi a sbocconcellare la sua pagnotta, ma, all’improvviso si addormentò. Dormì per anni e anni e quando si svegliò si ritrovò in un mondo sconosciuto. Era davvero strano: era pieno di rovine, sembrava che lì fosse esistito qualcuno, ma che poi se ne fosse andato per non tornare mai più. Bibobao era triste e deluso: tutte quelle fatiche, tutto quel cammino, per che cosa? Che cosa avrebbe portato ai popoli Bao? Ma si rallegrò subito vedendo una piccola e malandata bottega con l’insegna “Il Bazar Delle Meraviglie”. Entrò sbalordito, ma trovò soltanto un vecchietto che si rigirava i pollici. Molto educatamente salutò e, un po’ intimorito, domandò: “Mi scusi signore, lei è un artigiano?”. Ma il vecchietto se ne stava lì immobile senza rispondere. Bibobao porse allora al vecchio un pezzo di carta dove aveva annotato tutto ciò che gli era stato chiesto dai popoli Bao. L’anziano signore stette un po’ a pensare e poi consegnò all’omino degli animali enormi, dalle lunghe zanne d’avorio, erano degli elefanti; poi gli consegnò una strana luce lampeggiante, era un fulmine; a seguire gli diede un fiore pungente, rosso come il sangue, era una rosa; ed infine, cosa più straordinaria di tutte una immensa palla infuocata, il Sole. D’un tratto la bottega sparì e Bibobao si ritrovò solo tra le rovine. Si riaddormentò di nuovo; quando si svegliò si ritrovò di nuovo nel deserto, dove consegnò alla tribù dei Baomarroni gli elefanti, ai Baoazzurri il fulmine, ai Baorossi il Sole e ai Baoverdi la rosa. Tutti furono molto contenti e soddisfatti dei regali ricevuti, ma non proprio tutti. Bibobao, infatti, si aspettava un po’ di più, e, così, decise di ritornarsene alla sua solita vita di Baoblù, nella sua tribù. Ma bambini aspettate, la fiaba non è ancora finita, perché voglio farvi una domanda: chi era secondo voi quel vecchietto nella baracca capace di realizzare oggetti così sorprendenti?
Già, avete indovinato: era Dio!


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